Studiare canto nel terzo millennio – 1 “Il sogno e la realtà”
di Elisa Bartalini
Quando all’inizio dell’anno scolastico riaprono le scuole, mi vengono in mente i tanti sogni dei bambini che si affacciano al futuro con l’ingenuità, la limpidezza, la possibilità che hanno loro di farci vedere come possa essere semplice raggiungere degli obiettivi perché tutto è possibile. E ricordo bene i miei di sogni, alla stessa età di mia figlia, quelli di emergere in un mondo fantastico, fatto di suoni e melodie, di canzoni e spettacolo. Io volevo diventare una cantante non perché amassi solo fare la solista nel coro scolastico ma perché io mi sentivo una cantante, il canto era la mia espressione, il mio modo per comunicare le emozioni, quelle che con la parola non riuscivo ad esprimere. In quel periodo, nel paese di provincia (siamo alla fine degli anni 70) non esisteva lo studio del canto come lo si intende oggi. Esistevano delle (poche) insegnanti di canto classico, ai miei occhi (e forse anche agli occhi dei miei genitori), una sorta di elite dalle quali studiare sarebbe stato impossibile economicamente. Cambiai strada, studiai clarinetto, alle superiori iniziai il Conservatorio. Ma c’era dentro di me quella voce che chiamava, quella spinta a cambiare strada, quella necessità di espressione che lo strumento non mi dava. Ed allora seguii il mio sogno, quella strada. Diventai laureata in canto classico, subito dopo specializzata nella didattica del canto moderno, perché anche l’insegnamento per me è una chiamata, una sorta di missione. E decisi, oltre che cantare di diventare docente di canto. Qui siamo arrivati agli anni 2000.
Da allora in questi ultimi anni, sono cambiate molte cose sia nella società, nei valori, nel modo di vivere e, nel caso specifico, nel canto e nell’insegnamento dello stesso. Nel 2000 eravamo pochi insegnanti nella nostra Provincia, sto parlando di insegnanti di didattica di base del canto, che insegnavano ai bambini e ai grandi, senza pretese di raggiungere livelli oppure vincere concorsi o provini oppure entrare nei teatri. Sto parlando di quell’utenza che si approccia alla voce per puro diletto e passione perché anche per loro cantare è importante. Dicevo che eravamo pochi, addirittura dopo la laurea mi chiamarono ad insegnare in due scuole importanti di Firenze perché gli insegnanti di moderno non avevano basi. Non andai e decisi di rimanere in Provincia di Siena alternandomi nella didattica tra varie scuole, di cui, tre, fondate da me. Poi tutto è iniziato ad andare più veloce, i social network si sono fatti strada con arroganza e tutto è diventato più semplice. E’ diventato più semplice reperire informazioni, più semplice trovare amici (virtuali), più semplice avere un pubblico e anche più semplice purtroppo diventare insegnanti di canto, insignendosi di questo titolo professionale avendo fatto un corso online. Eccoci arrivati al nodo della questione. Siamo nel 2018 e nella provincia gli insegnanti di canto in totale sono triplicati. Gli insegnanti di canto con titoli di studio certificati dal Ministero della Pubblica Istruzione sono gli stessi. Ed ecco che l’inventa lavoro è divenuto ed ha attecchito anche qui. Ma quello che non sanno gli utenti, è che quando si rivolgono ad un insegnante di canto si mettono nelle mani di chi lavora con le corde vocali e questo puo’ fare la differenza nella realizzazione di quello che è il sogno del cantante: cantare. Sappiamo bene che le corde vocali, essendo organo anatomico, è in fase di accrescimento fino alla completa maturazione del corpo, fino al completo raggiungimento della tanto temuta muta vocale. In questo periodo i bambini ed i giovani sono soggetti a disfonie ricorrenti, noduli, adduzione non corretta proprio perché è nella natura dell’accrescimento cordale avere degli squilibri. Quante volte abbiamo applaudito i bambini che cantano a squarciagola le canzoni dei big, oppure che diventano rossi e col collo indurito? Ecco, in quel momento stiamo facendo un servizio avverso alla natura fisiologica degli stessi, quindi stiamo applaudendo una cosa che fa malissimo e che potrebbe provocare danni, a volte irreversibili alle corde vocali. Questo purtroppo non lo sanno neppure gli insegnanti di canto che scelgono questo lavoro senza conoscenza, ma che si basano soprattutto con l’immagine stereotipata del bambino prodigio che urla canzoni di cui non ne conosce nemmeno il significato (per fortuna). E purtroppo questa è la scena ricorrente del bambino cantante del 2018. Per non parlare dei giovani, tutti desiderosi di emulare il loro divo o la loro top star. A questi viene spesso riservato il trattamento del modificare il vocal tract a tal punto da far diventare la voce naturale la voce di un altro e portare, senza consapevolezza, la voce in range estremi senza tener conto delle caratteristiche vocali del povero allievo di turno. E quindi ecco delle bravissime Ariana Grande, delle bravissime Mina, Lady Gaga, e Rihanna oppure Massimo Ranieri, Dalla, Mengoni, Tiziano Ferro, insieme ad Emma e Alessandra Amoroso in brutta copia nei concorsi e nelle sagre di paese che urlano in maniera forsennata, applaudite si, forse una due tre, quattro volte, senza sapere che magari la quinta e la sesta volta non ci sarà perché ci si ferma per colpa di un sopravvenuto polipo perché magari l’insegnante (che spesso fa il karaoke) nemmeno sa che è necessario riscaldare la voce prima di iniziare a cantare.
Nel mezzo a tutta questa ignoranza e poca deontologia professionale l’insegnante di canto che ha una formazione alle spalle, spesso continua a battersi per i valori di principio che regolano la sua professione: per primo quello di avere una coscienza e lavorare sapientemente senza arrecare danni alle corde vocali. Perché questo per me è così importante? Perché, a parte che ritenga che la mediocrità faccia male alla nostra società, al nostro mondo del lavoro dove tutti svegliandosi con la luna sbagliata una mattina possono fare i docenti di canto perché in Italia non esiste nessun tipo di regolamentazione in ambito privato (nel pubblico senza titolo non si lavora). Spesso faccio questo paragone: chi si farebbe costruire una casa da un medico o chi si farebbe curare da un geometra o un operaio meccanico? Io dico sempre che per lasciare aperta la porta dei sogni degli allievi è giusto svolgere una professione come quella dell’insegnante di canto in maniera altamente qualificata e aggiornata e gli allievi, qualsiasi siano i loro obiettivi da raggiungere farebbero bene ad informarsi sul curriculum didattico di un docente perché se non si sceglie l’insegnante giusto la posta in gioco è alta: dover rinunciare al proprio sogno perché le corde vocali sono rovinate.